Compositore. Scarse sono le notizie biografiche sul suo conto. Attivo come organista nella basilica di S. Marco a Venezia dal 1564 alla morte, era stato forse organista nel duomo di Verona intorno al 1550; nel 1562 aveva intrapreso, in compagnia di Orlando di Lasso, un viaggio in Baviera, Austria e Boemia, che gli aveva consentito di stringere importanti relazioni con i locali regnanti. Celebre come compositore e come organista, non lo fu meno come didatta, se per apprendere l'arte musicale alla sua scuola scesero a Venezia compositori stranieri come H.L. Hassler e G. Aichinger; suoi allievi furono, inoltre, L. Zacconi e il nipote Giovanni, al quale si deve la pubblicazione di molte opere ancora inedite al tempo in cui Andrea morì. Compositore fecondissimo e attivo in ogni campo, G. ebbe il presentimento di una nuova sensibilità e di una nuova epoca e seppe adeguarsi allo spirito di grandezza già espresso dai maestri della pittura veneta, sullo slancio delle fortune politiche ed economiche della Serenissima. A G. spetta principalmente il merito di aver assimilato la lezione di Willaert e di aver trasformato lo stile compatto del maestro fiammingo in un vero e proprio stile concertato. Gruppi melodici e armonici, risonanze spesso stupefacenti per l'impiego marcato del contrasto, dissonanze di natura non di rado sperimentale documentano la potenza del suo stile, spettacolare e coloristico, incline a usare più cori, alterni o sovrapposti. Cospicua la sua produzione strumentale: ricercari, canzoni, intonazioni per strumenti a tastiera o per «ogni sorte di strumenti», fra le quali spicca una celebre Battaglia (conservata anche in versione vocale). Ma la sua arte si realizzò ai più alti livelli in campo vocale. La musica sacra è illustrata da circa 110 mottetti da quattro a dodici voci, oltre alla stupenda serie dei 7 Psalmi davidici a sei voci, alle 4 messe a sei voci e ad altre sezioni di messa (fra cui un mirabile Gloria a sedici voci): ovunque risaltano le caratteristiche ritmiche e declamatorie del linguaggio di G., fondamentalmente diatonico e quindi provvisto di una grande chiarezza. Quanto alla musica profana, essa comprende poco meno di 250 madrigali (da tre a dodici voci), una ventina di greghesche (semplici ma curiose composizioni, in un dialetto misto di veneziano, dalmato e greco) e i 4 grandi cori per l'Edipo tiranno, scritti a commento della tragedia sofoclea (tradotta da Orsatto Giustiniani) che nel 1585 inaugurò il Teatro Olimpico di Vicenza. A parte le greghesche (e le composizioni ad esse analoghe), le opere profane di G. non si discostano stilisticamente da quelle sacre: ne ribadiscono anzi le caratteristiche salienti, colmando così la frattura che in quel secolo si era creata tra i due generi.